Neuroni codificanti addizioni e sottrazioni scoperti nel cervello umano

 

 

LORENZO L. BORGIA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 19 febbraio 2022.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Molti più di uno sanno che uno più due fa tre senza

aver pensato ad alcun assioma che lo possa provare.

[John Locke, Saggio sulla Comprensione Umana, 1689]

 

Il concetto di numero è primitivo e indefinibile.

[Husserl, Filosofia dell’Aritmetica, 1891]

 

Tutto ciò che costituisce la nostra cultura, dai

numeri alle parole, dalla scienza alla storia, dalle

arti alla filosofia, tutto è nato nel nostro cervello.

[Gerald Edelman, Lezioni, 1998]

 

Il matematico è una macchina

per trasformare caffè in teoremi.

[Stanislas Dehaene, The Number Sense, 1999]

 

 

I meccanismi dell’aritmetica mentale, insieme con i ragionamenti basati su stime numeriche e calcoli, costituiscono un’abilità cognitiva complessa e hanno rappresentato una risorsa insostituibile della struttura intelligente a supporto dello sviluppo di tutta la cultura umana. La semplicità delle operazioni aritmetiche mentali, così come ce le rappresentiamo nella coscienza esplicita, ossia nel modo in cui sono insegnate ai bambini nella scuola primaria, consiste nell’evidenza percettiva immediata della stima di numerosità, come quando vediamo aggiungere la terza mela a due già presenti o quando una di esse viene sottratta alla vista.

In realtà, l’impegno neurocognitivo è costituito da molti elementi differenti, alcuni dei quali si consolidano attraverso l’apprendimento scolastico e vanno a costituire un livello di astrazione che si sovrappone al metodo di addizione e sottrazione di piccole numerosità che è tipico del bambino piccolo, esclusivo degli animali e consiste in un processo basato su un meccanismo ad accumulatore centrale[1]. Se riusciamo a fare calcoli mentali, al di là della conoscenza dei risultati di somme e sottrazioni solidamente memorizzati fin dalla più tenera età, è proprio perché il cervello sa cosa sono i numeri e, ripartendo i compiti di significazione e poi sintetizzandone le componenti in valori adatti all’uso, come dice il nostro presidente, fa in modo che il loro senso sia mantenuto costante in quel continuo gioco di trasformazioni che è il calcolo.

Le operazioni aritmetiche costituiscono, come dicevo, un’abilità cognitiva complessa perché richiedono conoscenza semantica dei numeri, capacità di conservare in memoria i valori numerici il tempo necessario all’esecuzione del compito e abilità di trasformazione diretta a uno scopo (goal-directed transformation) secondo le regole dell’aritmetica. Per questa ragione, calcolare mentalmente impegna numerosi sistemi neuronici cerebrali, fra i quali le evidenze sperimentali ci dicono che vi sono certamente: 1) il sistema per la rappresentazione semantica dei valori numerici; 2) il sistema implicato nell’apprendimento e nella memoria di principi matematici; 3) i sistemi di controllo cognitivo delle operazioni di calcolo.

Gli studi principali condotti sull’uomo e su primati non umani hanno indicato parti delle cortecce parietale e prefrontale quali regioni dove risiedono i principali sistemi di rappresentazione e manipolazione dei numeri. In particolare, le aree del cervello selettive per le abilità aritmetiche sono state identificate nella corteccia parietale, usando l’elettrocorticografia intracranica (ECoG). Mediante la stimolazione diretta del cervello di volontari è stato rilevato uno specifico e selettivo arresto del contare e del calcolare durante la perturbazione delle regioni parietali e frontali. E, in particolare, in tre recenti studi è stato dimostrato in questo modo un impegno diretto, selettivo e necessario, delle regioni parietale e frontale della corteccia cerebrale per l’aritmetica.

Più di recente è stata accertata la partecipazione di altre regioni, ed è stata focalizzata l’attenzione sulle connessioni dell’ippocampo e sul lobo temporale mediale (MTL). Esther F. Kutter, Jan Boström, Christian E. Elger, Andreas Nieder e Florian Mormann hanno indagato il modo in cui i singoli neuroni della regione MTL rappresentano le regole aritmetiche dell’addizione e della sottrazione, presentate ai volontari mediante differenti forme di notazione simbolica. Il risultato è rilevante e di sicuro interesse.

(Mormann F., et al. Neuronal codes for arithmetic rule processing in the human brain. Current Biology – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.cub.2022.01.054, Feb. 14, 2022).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Epileptology, University of Bonn, Bonn (Germania); Animal Physiology, Institute of Neurobiology, University of Tübingen (Germania).

Sul problema di definire matematicamente i numeri si sono espressi nel corso della storia eminenti matematici e oggi, sulla difficoltà di definire il concetto di numero, potrebbe illuminarci il nostro socio Patrizio Perrella in qualità di matematico, perché l’argomento non è dei più agevoli da affrontare in termini logici, per un fatto molto semplice: il processo cerebrale che individua simbolicamente le quantità di elementi esperiti è nato nel cervello umano prima che fosse concepito l’edificio logico della scienza matematica.

È per questo che la definizione di numero che può dare un bambino, nella sua semplice ingenuità ricorsiva, non è peggiore di quella che possa proporre un adulto che non sia un matematico: tutti abbiamo un’idea intuitiva di cosa sia un numero intero, ma quando proviamo seriamente a darne una definizione, ci accorgiamo di non riuscire a trovare nella nostra mente qualcosa di “altro dai numeri” per proporre un paragone esplicativo, secondo il criterio ordinariamente impiegato nei dizionari[2]. Quando venne in auge la teoria degli insiemi, si provò a spiegare il concetto di numero secondo i principi dell’insiemistica, inducendo Poincaré a formulare giudizi ironici e sarcastici o a parodiare i suoi colleghi per renderli ridicoli con una definizione quale quella riportata in Scienza e Metodo: “Zero è il numero di elementi nella classe del nulla”.

Ecco l’opinione del nostro presidente: “In realtà il numero corrisponde ad una struttura concettuale della nostra mente, di quelle che rappresentano l’emergere al livello mentale di processi neurali cerebrali fondanti la dimensione della rappresentazione simbolica. Possiamo utilmente ed efficacemente ridurlo al simbolo che lo rappresenta o riportarlo alla matrice neurale che lo ha generato. Tentare una terza via, considerando il numero come un oggetto reale presente nella mente, vuol dire entrare in un ginepraio di problemi logici, logico-linguistici, teoretici e in generale filosofici”[3].

Infatti, David Hilbert, che fu a capo del movimento formalista, considerava priva di senso e vuota la questione dell’esistenza di “oggetti matematici” come i numeri, e già nel 1854 George Boole aveva considerato il suo studio sul linguaggio simbolico del calcolo intitolato Investigation of the Laws of Thought come un contributo alla psicologia più che alla logica[4] e, infine, John von Neumann nel 1957 dichiarò, nel suo The Brain and the Computer, che la lingua del cervello non è la matematica. Con tale consapevolezza, i ricercatori delle basi cerebrali della cognizione numerica e del calcolo hanno indagato, soprattutto negli ultimi decenni, i correlati neurofunzionali dei processi esplorabili attraverso compiti eseguiti da volontari. Indirizzando l’attenzione non più su delle “sedi cerebrali di facoltà”, come si faceva agli inizi di questi studi, ma su reti neuroniche di elaborazione, i ricercatori stanno provando a definire i ruoli svolti dai costituenti delle reti e, pur consapevoli che quanto emerge è in gran parte espressione della sintesi interattiva delle parti, tendono a definire gli elementi necessari e sufficienti per portare a termine le particolari operazioni, e, infine cercano di identificare i compiti attribuibili a singoli tipi cellulari.

L’aspetto che attrae maggiormente, del risultato ottenuto dai ricercatori dell’Università di Tübingen e dell’Università di Bonn, consiste nell’aver identificato dei neuroni attivi esclusivamente mentre i volontari eseguivano addizioni e degli altri attivi esclusivamente mentre i volontari eseguivano sottrazioni. Il risultato dell’osservazione neurofunzionale era lo stesso, sia se i volontari si trovavano davanti un’operazione aritmetica notata in cifre numeriche sia se sullo schermo l’operazione da eseguire appariva scritta a parole. In altri termini, il processo identificato dai ricercatori era sicuramente indipendente dal codice di rappresentazione simbolica usato per comunicare. Anche se il campione di persone studiate è piccolo, l’assoluta omogeneità dei risultati allontana ogni dubbio sul loro valore, e porta a rivolgere l’attenzione sulla comprensione del ruolo di queste singole cellule nell’economia dell’insieme che consente alle persone di addizionare e sottrarre correttamente. Non è la prima volta che si ottiene un correlato così preciso, e in passato abbiamo comunicato il rilievo di associazioni specifiche, ma questa volta, sia per la sede nel lobo temporale mediale sia per gli altri correlati neurofunzionali, sembra che si sia giunti a un passo da un livello di comprensione più avanzato.

Presso il Centro di Epilettologia dell’Università di Bonn si è raggiunto un alto grado di specializzazione nell’individuare le sedi dei foci epilettici mediante l’impianto di elettrodi multipli, che consentono la registrazione dell’attività di singoli neuroni. Le 5 donne e i 4 uomini che hanno costituito il campione avevano elettrodi impiantati a scopo diagnostico nel lobo temporale, e hanno accettato di sottoporsi a sessioni di compiti sperimentali costituiti dall’esecuzione di semplici operazioni aritmetiche di addizione e sottrazione.

Esther Kutter, dottoranda del professore Florian Mormann, presentando lo studio prima della pubblicazione, ha mostrato i grafici di attività dei neuroni in due prove, la prima in cui i soggetti dovevano sommare 5 + 3, e la seconda in cui dovevano calcolare 7 – 4: nel primo caso sono attivi i neuroni sempre rispondenti in tutte le altre addizioni; nel secondo caso sono attivi i neuroni sempre rispondenti in tutte le altre sottrazioni. Come si è già accennato, sia la notazione matematica sia quella linguistica hanno sempre ottenuto lo stesso effetto, dimostrando che le nuove cellule nervose scoperte da questo gruppo di ricerca tedesco hanno realmente la capacità specifica di codificare istruzioni concettuali, rispettivamente, per sommare e sottrarre.

I pattern elettro-funzionali ottenuti dalle cellule scoperte nella regione mediale del lobo temporale sono stati inseriti in un software di auto-apprendimento per computer, fornendo contemporaneamente informazioni circa quale delle due operazioni stesse compiendo il soggetto per ciascun pattern. Dopo questa fase di apprendimento, all’algoritmo del software sono stati sottoposti altri pattern dei volontari, sempre sottoposti a compiti di addizione e sottrazione: l’algoritmo è sempre stato in grado con precisione di individuare dal tracciato di queste cellule se la persona stesse facendo una somma o una sottrazione.

Del gruppo di ricercatori[5] fa parte il professore Andreas Nieder dell’Università di Tübingen, che ha lavorato a lungo su primati non umani, nei quali ha rilevato l’esistenza nel cervello di neuroni che rispettano regole aritmetiche e, su questa base, ha suggerito l’esplorazione sui 9 volontari umani.

Dopo queste prime osservazioni, i ricercatori hanno rilevato anche nella corteccia paraippocampica la presenza di cellule nervose che scaricavano specificamente durante i compiti aritmetici, consistenti nell’aggiungere o togliere quantità numeriche discrete. Anche in questo caso vi erano cellule accese solo dall’accrescere e cellule accese solo dal diminuire, ma i ricercatori si sono trovati in presenza di un fenomeno curioso e imprevisto: le cellule che si accendevano per ciascuna operazione, a differenza di quelle temporali che erano fisse, qui cambiavano vorticosamente, come passandosi il testimone dell’attività in rapida successione, così che il neurone attivo cambiava istante per istante, pur rimanendo nel set della propria operazione.

Un comportamento di questo genere da parte di insiemi collegati di cellule nervose corrisponde a quella che si è chiamata codificazione dinamica.

Provando a sintetizzare concettualmente questo studio, possiamo dire che, esplorando mediante la registrazione dell’attività di singoli neuroni del lobo temporale mediale i meccanismi cerebrali implicati in semplici operazioni aritmetiche, i ricercatori hanno trovato codici astratti e indipendenti dalla notazione, per addizioni e sottrazioni, in popolazioni cellulari specifiche. I codici neuronali dell’aritmetica differivano in modo assoluto da un’area all’altra. Decodificatori applicati a registrazioni risolte rispetto al parametro tempo hanno dimostrato l’esistenza di un codice statico nell’ippocampo, basato su neuroni persistentemente selettivi rispetto alla regola, e l’esistenza, in contrasto, di un codice dinamico nella corteccia paraippocampale, originante da neuroni che veicolano regole d’informazione in rapido mutamento.

La realizzazione neurobiologica di codici aritmetici astratti suggerisce differenti funzioni cognitive per le varie regioni del lobo temporale mediale nell’aritmetica.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-19 febbraio 2022

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Cfr. Stanislas Dehaene, The Number Sense – How the Mind Creates Mathematics. Penguin Books, London 1999.

[2] La difficoltà del definire il concetto di numero nella vita di tutti i giorni non è riconosciuta dalla maggioranza, in quanto sussiste la radicata abitudine culturale – come per altri concetti astratti – di sostituire alla “definizione di concetto” il suo “valore d’uso”, così come quando si risponde alla domanda di un bambino di due anni su cosa sia un numero, indicandogli l’espressione del valore di numerosità: “Vedi – si dice al bambino mostrandogli un oggetto – questo è uno” poi se ne allineano due o tre e gli si dice: “Questi sono due, questi sono tre”.

[3] Giuseppe Perrella, Seminario sulle basi cerebrali dei numeri e dei processi cognitivi necessari alle operazioni aritmetiche, p. 3, BM&L-Italia, Firenze 2003.

[4] Dedekind, Peano, Frege, Russell e Whitehead in campo matematico hanno provato a fondare l’aritmetica su basi puramente formali.

[5] In realtà, inizialmente si trattava di due gruppi separati: questo di Andreas Nieder e quello di Bonn presieduto da Florian Mormann.